mercoledì 12 marzo 2008

Seattle: oltre il rock’n’roll

di Tiziana Lo Porto
Ma la casa di Cobain l’hai vista?», mi domanda un amico appena torno da Seattle. «No», gli dico rassegnata. «E al Vogue ci sei andata? Lo sai che è lì che i Nirvana hanno fatto il primo concerto, no?», incalza lui. «Sì, lo so, adesso si chiama Vain. È un parrucchiere», dico, e intanto prego che la terza non sia una domanda del tipo: ma hai passeggiato per il parco dove sono state sparse le ceneri di Cobain? Già, perché più o meno è questo il tenore delle conversazioni in cui si rischia di imbattersi dopo un viaggio a Seattle. Quasi che l’unica ragione per infilarsi dentro un volo per quella città e passare lì una settimana o giù di lì possa essere l’irrefrenabile desiderio di rendere omaggio ai Nirvana o al loro defunto leader. Varianti macabre ma possibili: pellegrinaggio alle tombe di Bruce e Brandon Lee; visita alla casa in cui è nato Jimi Hendrix o in alternativa alla tomba dov’è sepolto, passeggiata per il parco in cui andava a strimpellare da ragazzino, e magari, chessò, fare un salto dalla sua prima fidanzata tanto per vedere che faccia ha; andare a stanare dov’è che abitano le sorelle Wilson (le Heart) e fare un salutino anche a loro. Se tutto ciò non vi appassiona, niente paura: a Seattle ci sono un sacco di altre cose da fare. Seattle infatti è una delle più belle città d’America, dove la musica è sì importante, ma andrebbe caricata dentro l’iPod e usata giusto come colonna sonora mentre ci si aggira a piedi tra strade, laghi e colline. O, in alternativa, andrebbe vista dal vivo in uno dei tanti locali della città, per scoprire che sì, il grunge ha fatto la sua parte, ma che adesso qui si suona anche altra musica. Fate un salto da Wall of Sound, al 315 di East Pine Street, nel cuore di Capitol Hill, e scoprirete che è più facile rimediare un disco di Lucio Battisti che una copia di Nevermind dei Nirvana. Oppure consultate il settimanale The Stranger alla pagina concerti e vi renderete conto che in fatto di musica qui c’è solo da scegliere. Unica tappa musicale obbligata, più per ragioni estetiche che altro, è l’EMP (Experience Music Project), ovvero il museo in memoria di Jimi Hendrix creato dal miliardario Paul Allen (nonché cofondatore insieme a Bill Gates della Microsoft) e disegnato da Frank Gehry. Un gioiello architettonico piazzato nel bel mezzo del Seattle Center, a pochi passi dal futuristico Space Needle. Dentro l’EMP, al di là dello spazio permanente dedicata a Hendrix, della galleria sul sound di Seattle, del museo della Science Fiction e delle innumerevoli mostre speciali che spaziano dall’hip hop alla disco music, la cosa più bella è una gigantesca installazione alta più dieci metri e costruita utilizzando 600 magnifiche chitarre, sette delle quali suonano da sole. Il geniale autore dell’opera sonora è Trimpin, artista di culto qui a Seattle (anche se è nato in Germania, negli anni Ottanta si è trasferito qui e non si è più mosso) al punto da ospitare una sua installazione in quasi ogni museo della città. Usciti fuori dall’EMP, provate a salire su Space Needle per una visione d’insieme della città. E non lasciatevi intimorire dalle distanze: il centro di Seattle è piccolo, ed è tutto quanto percorribile a piedi. Un buon punto di partenza potrebbe essere il Pike Place Market, storico mercato della città che si affaccia direttamente sul Puget Sound, l’insenatura dell’Oceano Pacifico dentro cui si trova Seattle. Al piano terra gli stand di fiori, pesce fresco e spezie, e scendendo di uno o due livelli i più disparati negozietti dove scovare giochi di prestigio, fumetti, rockstar di cartone a dimensioni naturali e figurine del baseball. Dopo un giro del mercato, ci si può fermare a guardare l’oceano bevendo il caffè in una delle sale di Lowell’s o nella storica sede del primo Starbucks della città. Risalendo poi lungo Pike o Pine Street ci si ritroverà in pochi minuti sulla Second Avenue, un’infilata di ristoranti, locali e gallerie che costituisce il cuore del vivace quartiere di Belltown.Tappa obbligata sono le adiacenti BVLD Gallery e Roq la Rue, rispettivamente al 2316 e al 2314 di Second Avenue, che ospitano il meglio della scena pop-surreale contemporanea. Risalendo fino all’Undicesima Avenue, all’incrocio con Pike Street, vi ritroverete a Capitol Hill, ovvero il quartiere più amato e abitato da artisti e musicisti locali, e trasformatosi con gli anni in un coloratissimo ammasso di negozi dell’usato e di dischi, caffetterie, ristoranti, taverne e locali live. Nelle stradine esclusivamente residenziali del quartiere soltanto casette colorate con giardini talmente fioriti da non sembrare veri, moltissimi scoiattoli, e niente bandiere americane in bella vista. «Il punto di ritrovo del quartiere, qui a Capitol Hill, è il Cafè Victrola», mi spiega Ellen Forney, artista e fumettista che vive e lavora a Seattle da anni (e che ha appena pubblicato una straordinaria antologia personale che si chiama I Love Led Zeppelin), aggiungendo che «l’11 settembre, subito dopo aver visto in tv le immagini dei due aerei che si abbattevano contro le Torri Gemelle, noi del quartiere ci siamo tutti ritrovati qui da Victrola. Non sapevamo dove andare, venire qui è stata un po’ una cosa istintiva, il primo posto che c’è venuto in mente».E in effetti Victrola è un locale accogliente. Al 415 della 15th Avenue East, oltre che un’ottima caffetteria, è anche uno spazio espositivo e live che ospita regolarmente artisti e musicisti locali e non (per sapere cos’ha in programma basta andare sul sito, victrolacoffee.com). Sempre a Capitol Hill, si può fare un salto al Frye Museum; l’accesso è gratuito e in programma ci sono sempre mostre e installazioni che meritano una sosta di un paio d’ore. Oppure si può andare a passeggiare per il Volunteer Park, fermandosi a guardare l’incantevole giardino delle dalie nascosto in un angolo del parco, a pochi metri dal Seattle Asian Art Museum. O, in ultimo, ci si può dilettare a guardar case: lussuose o dimesse che siano, con giardini più o meno grandi e fioriti, le case di Capitol Hill sono tutte belle. Talmente belle che non rischi di provare nostalgia per le più “antiche” città europee.
da www.xl.repubblica.it

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