martedì 29 gennaio 2008

Clicco, scarico e non pago

CANNES - Clicco, scarico, non pago. Tre semplici atti che hanno portato alla crisi, in pochi anni, un'intera industria, quella discografica, che inesorabilmente ha visto calare le vendite dei cd e crescere il consumo di musica gratis attraverso la rete. Clicco, scarico e non pago. Funziona anche per il cinema, per la tv, per i giornali, per il telefono, per i videogiochi: tutto quello che nel mondo reale ha un valore, che sia un oggetto o un servizio, qualcosa che può essere venduto e comprato, quando arriva in rete e si smaterializza, perde anche il suo valore economico. E tutto diventa gratuito. Si consuma musica, si fanno telefonate, si leggono giornali, si vedono film e programmi televisivi, si gioca e non si paga. Fino a ieri tutto questo era illegale, era pirateria. Oggi non è più così. I giornali online sono gratuiti, la telefonia via Internet è gratuita, la web tv è gratuita, stanno arrivando anche i primi film pagati interamente dalla pubblicità (il primo è "Voglio la luna", prodotto dal tour operator Hotelplan e da ieri approdato in alcune sale italiane, i biglietti, ovviamente gratuiti si possono prendere soltanto online sul sito del film). È la tecnologia digitale ad avere liberato questa possibilità. E' l'avvento di Internet e del World Wide Web ad aver reso possibile quanto solo fino a qualche anno fa sembrava assolutamente irrealizzabile. Portare legalmente contenuti gratuiti al pubblico. Offrire legalmente servizi gratuiti. Il primo terreno dove è avvenuta la svolta è quello della musica. Una rivoluzione vera e propria perché, a differenza della vecchia "pirateria" fisica, quella che ancora oggi porta nelle nostre strade milioni di copie di dischi copiati illegalmente e venduti a pochi euro, ha portato in pochissimo tempo milioni di persone a collegarsi alla rete e a condividere la loro musica in un modo che prima, semplicemente, non era possibile. E senza pagare nulla.
Che si tratti di "furto" è evidente, copiare una canzone senza pagare i diritti d'autore significa semplicemente privare i musicisti dei frutti del loro lavoro. Ma ai frequentatori della rete il termine "furto" è sempre sembrato inappropriato. Innanzitutto perché nel "file sharing", nello scambio dei brani online, non c'è un oggetto fisico, non c'è un disco, non c'è qualcosa che materialmente passa da una mano all'altra, da una persona all'altra, nulla viene tolto a nessuno. E poi perché la copia digitale che viene creata, assolutamente identica all'originale, è frutto di un baratto, di uno scambio di brani, di files. Cosa che "moralmente" ha un'apparenza più accettabile. Per gli "scaricatori" della musica online il loro gesto non è molto diverso da quello che fanno ogni giorno quando ascoltano la musica, gratuitamente, accendendo la radio. Non sono loro i "ladri", insomma, semmai le aziende che gestiscono le reti, che producono i software, quelli che dai milioni di download quotidiani guadagnano traffico sui loro siti e pubblicità da vendere. E' da questa ipotesi che è partita Qtrax per portare, finalmente, nella legalità decine di milioni di persone che in tutto il mondo scaricano musica utilizzando i software di "file sharing" e le reti "peer to peer", annunciando la nascita del primo servizio legale di download musicale gratuito, interamente sostenuto dalla pubblicità. "La gente non vuole vivere nell'illegalità, la gente vuole la musica gratis", è la disarmante verità che Klepfisz, il boss della Qtrax, ha voluto sottolineare presentando la sua iniziativa. Che, però, ha annunciato troppo in fretta, essendo in realtà ancora priva del via libera definitivo da parte delle major discografiche, come hanno voluto sottolineare ieri sia la Warner, che la Universal che la Emi. Altri servizi già offrono musica gratuitamente, facendo pagare il conto agli investitori pubblicitari. Come Jamendo, che lavora sulla base delle nuove licenze Creative Commons, come We7, un sito realizzato niente di meno che da una delle grandi star del rock, Peter Gabriel, o il sito italiano Downlovers.it. Il mondo della rete, comunque, marcia in un'unica direzione, quella dei contenuti gratuiti. E non solo per quello che riguarda la musica. Uno degli alfieri di questa rivoluzione è Janus Friis, un giovanotto di Copenhagen che a soli 31 anni si trova ad essere miliardario e, allo stesso tempo, uno dei principali protagonisti dell'"era gratuita". Friis è l'inventore di KaZaA, uno dei più fortunati software di file sharing al mondo, ed è sempre lui ad aver creato Skype, basato sempre sul "peer to peer" ma destinato, in questo caso, a far telefonare gratuitamente gli utenti della rete. "Internet ha cambiato la mentalità della gente", dice Friis, che ora ha lanciato un nuovo sito, Joost, dove ad essere gratis sono i contenuti video. Online tutto diventa gratuito. Così oggi attraverso Internet è possibile leggere gratuitamente i giornali di tutto il mondo, dal New York Times a Wall Street Journal, da Le Monde a El Pais, e la diffusione delle testate online cresce ogni giorno di più, assieme al numero delle persone che le legge, come conferma il successo di Repubblica.it. Gratis è anche il software, non solo quello necessario al funzionamento di base del computer ma moltissime applicazioni per ogni tipo di necessità, dalla scrittura al disegno, come si può facilmente scoprire visitando il sito Oper Source Living (osliving. com), e grandi aziende come la Microsoft si sono dovute adeguare, diffondendo gratuitamente Explorer o Windows Media. E' gratis anche la televisione, quella di YouTube, con il suo gigantesco archivio di immagini di ogni epoca, e quella in diretta, offerta da siti come Coolstreaming, che attraverso il peer to peer consente di vedere sul computer le tv di mezzo mondo, calcio compreso. E ancora: si può telefonare gratis in tutto il pianeta con Skype, si possono vedere film corti e videoclip su siti come iFilm o film interi come su Joox. E si possono utilizzare centinaia di videogiochi, da quelli vecchi che si trovano su siti di "retrogaming" a quelli recenti che sono reperibili sui principali portali internazionali. Quello del "gratis" è un movimento che è partito dalla rete ma si sta allargando a dismisura. E' sempre il terreno della musica quello dove si sperimentano le soluzioni più innovative, come hanno dimostrato recentemente i Radiohead e i Nine Inch Nails, distribuendo i loro nuovi album attraverso Internet a offerta libera. Ma l'offerta si allarga di giorno in giorno, anche in ambiti finora non toccati dai cambiamenti, e sono molti i gruppi di pressione che operano in questo senso, da quelli del Free Software Movement, a chi lavora nel campo del "copyleft", ovvero del cambiamento delle leggi sul copyright. "E' il diritto d'autore come fino ad oggi lo abbiamo inteso ad essere messo in discussione", ha detto il professor Lawrence Lessig, presentando al MidemNet di Cannes Creative Commons, il movimento da lui sostenuto per modificare i limiti che le norme del copyright impongono e che virtualmente mettono fuori legge milioni di utilizzatori di files audio e video del mondo: "Nessuno vuole essere un pirata - ha sottolineato Lessig - sono le regole che devono cambiare".
di Ernesto Assante
da www.repubblica.it

lunedì 28 gennaio 2008

Il principe Carlo sostiene la campagna

La campagna di risparmio energetico "M'illumino di meno", promossa dal programma di Radio2 Caterpillar, che ha già superato 2mila adesioni in Italia, ha trovato un sostenitore d'eccezione: Sua Altezza Reale il Principe di Galles. Oggi pomeriggio, infatti, la puntata speciale di Caterpillar "M'illumino di meno international - RadioCocktail del risparmio energetico" sarà trasmessa da Villa Wolkonsky, residenza dell'Ambasciatore britannico a Roma. Durante la puntata verranno presentate altre adesioni importanti.

L'IMPEGNO DEL PRINCIPE - Nel comunicato ufficiale si spiega che «Sua Altezza Reale il Principe di Galles concede il suo sostengo all'iniziativa internazionale di risparmio energetico "M'illumino di meno", che celebra quest'anno il terzo anniversario dell'entrata in vigore del Protocollo di Kyoto. Da 20 anni S.A.R. Il Principe di Galles è dedito ad un'opera di sensibilizzazione sull'impatto ambientale delle attività umane. S.A.R. ha per questo attuato una serie di iniziative volte a ridurre e a compensare le emissioni di gas serra della sua Residenza». RESIDENZA REALE A IMPATTO ZERO - «Grazie a questa politica ed alle misure già adottate - continua la nota - la Residenza del Principe risulta "ad impatto zero" dal 2005. Se il totale di emissioni di CO2 nel periodo 2006-2007 è sceso del 9%, la Residenza è attualmente impegnata ad individuare la fattibilità di ulteriori riduzioni. Nell'intervento pronunciato in occasione della presentazione del suo Rapporto di Sostenibilità ambientale nel dicembre 2006, S.A.R. aveva dichiarato: "Stiamo consumando le risorse del nostro pianeta ad un ritmo tale per cui stiamo effettivamente esaurendo il nostro credito ed abbiamo i giorni contati... Saranno i nostri figli e i nostri nipoti a dover saldare questo debito, e noi abbiamo il dovere nei loro confronti - ed anche nei nostri - di intervenire prima che sia troppo tardi».
da www.corriere.it

Con Qtrax la musica on line è ora gratis e legale

Scaricare musica, gratis e legalmente. Ora è possibile grazie al sito Qtrax (http://www.qtrax.com/), basato su tecnologie peer to peer, la stessa su cui si basavano ieri Napster, Kazaa e oggi LimeWire o Emule, i più noti sistemi di file sharing al mondo. Con la differenza però che adesso tutto sarà assolutamente legale grazie a un accordo con le quattro maggiori etichette musicali: Universal Music, Sony BMG Music Entertainment, Warner Music ed EMI. E sarà appunto gratis perché i diritti saranno pagati loro dalla pubblicità che gli investitori compreranno. Per questo i brani avranno un drm (digital rights management) che consentirà di sapere quante volte saranno ascoltati o scaricati. “Sono stati cinque anni difficili, di lunghe trattative, molti altri che hanno provato a raggiungere questo obiettivo hanno mollato mentre noi siamo stati testardi e alla fine ci siamo riusciti”, ha spiegato soddisfatto Allan Klepfisz, il boss della società americana Qtrax. E in effetti per arrivare al primo sistema mondiale di download musicale, gratuito e legale, ci sono voluti dieci anni di battaglie e tentativi. Qtrax ha intenzione di mettere on line 30 milioni di file musicali, con un’area “Last night” dalla quale si potranno scaricare brani “live” dai concerti appena avvenuti, e con sezioni dedicate all’informazione musicale. Ma non tutto è positivo. Almeno per ora. I brani, ad esempio, non possono essere copiati su cd né possono essere caricati sul proprio Ipod (anche se Klepfisz ha annunciato che tutti i sistemi verranno via via integrati). Inoltre il sito, per adesso, sarà accessibile solo agli utenti di nove Paesi al mondo. Italia esclusa. Anche se la Siae (la Società italiana autori ed editori) ha fatto sapere di aver già avviato le trattative con la Qtrax., sulla base di una licenza sperimentale appositamente studiata. E questo prima del Midem, il mercato discografico internazionale, in corso a Cannes fino al 31 gennaio e dove la società americana ha presentato ufficialmente il servizio destinato a rivoluzionare l’intero settore. Gli utenti italiani dovranno comunque attendere: chi di loro, infatti, proverà a scaricare, troverà il proprio indirizzo Ip tracciato e bloccato.
da http://www.rainews24.rai.it/

martedì 22 gennaio 2008

Radiohead - Ecco perché abbiamo messo il nostro album su internet

LONDRA - Fermate il mondo, voglio scendere. Thom Yorke pretende di fare rock a modo suo, libero dalle regole del mercato e, ora che i Radiohead hanno credibilità da vendere, può permetterselo. Gli dà sui nervi persino che qualcuno abbia preso un aereo per venire a incontrarlo. «Oggi hai scaricato nell’ambiente la tua bella dose di gas inquinanti», dice sfilandosi il bomber rigorosamente no logo (di Martin Margiela, il più invisibile di tutti gli stilisti, uno che invece della griffe usa numeretti). Con la moglie, Rachel Owen, un’insegnante di storia dell’arte esperta di Dante, e i due figli, Noah e Agnes di sei e tre anni, sono venuti fino a Roma in treno per visitare i Musei Vaticani. «Per tutto il viaggio abbiamo parlato di mitologia, poi siamo stati ore lì dentro a leggere antichi documenti», racconta. Un momento di confidenza inusuale, Thom non parla mai della famiglia. Primo ottobre 2007: Jonny Greenwood, sulla homepage dei Radiohead, avverte i fan che il nuovo disco è pronto. «Lo avrete fra dieci giorni», scrive. E il 10 ottobre le dieci canzoni di In Rainbows possono essere scaricate dal sito della band a offerta libera. Scaduto il contratto con la Emi, i Radiohead si affidano alla rete. Il cd esce per un’etichetta indipendente il 28 dicembre, dopo che per due mesi qualsiasi navigatore ha potuto ascoltarlo, scaricarlo, duplicarlo. «Ci abbiamo riflettuto molto prima di fare questo passo», esordisce Thom. «Eravamo tutti d’accordo di dare il disco ai downloaders, ma eravamo perplessi sull’offerta libera. Poi ci siamo detti: è un esperimento, vediamo che succede. Ma l’uscita di un album normale era stata prevista fin dall’inizio. Non tutti scaricano musica da internet, sarebbe stato folle non far uscire il disco». Il motivo principale della decisione? «Le case discografiche ormai da anni pensano solo a breve scadenza, questo ha ucciso l’industria, insieme a una totale mancanza di tolleranza e di rispetto per il lavoro e la crescita dell’artista». Ci tiene a precisare: «Qualcuno ha anche avanzato il dubbio che noi avessimo messo il disco on line perché non eravamo convinti del risultato. Al contrario, In Rainbows è esattamente l’album che volevamo fare». Le lusinghe del successo, il primo posto di Kid A in America, i milioni di copie vendute invece di allentare la tensione hanno inchiodato i Radiohead alle responsabilità. E la vita on the road quando si ha famiglia e si naviga verso gli “anta” diventa sempre più penosa. «Un solista può scegliere i momenti giusti in cui lavorare, ma quando sei in una band devi cercare di andar d’accordo, decidere quando suonare, far combaciare le idee», dice Yorke. «La vita di cinque persone che trascorrono insieme la maggior parte del loro tempo è strana. Non è un lavoro nine to five. È pazzesca, incredibile, ma pure stressante. E devi imporla alla tua famiglia, ai figli: papà non ci sarà per un paio di settimane, ma poi tornerà. C’è stato un momento in cui ho mollato tutto. Ho chiesto a un mio amico che vende immobili di aiutarlo nel suo lavoro, l’ho fatto per due settimane. Grande! Mi è servito a capire che siamo dei privilegiati. Pensa, qualche volta ti trasmettono anche alla radio, mi sono detto. E allora smettiamola di litigare e andiamo avanti». Non sono stati solo i problemi personali a minare l’equilibrio dei Radiohead. Dal 2005, Yorke è portavoce di Friends of the Earth, un acceso fustigatore di tutte le pessime abitudini che mettono a rischio l’ambiente.«La cosa più difficile per chi fa un lavoro come il nostro è essere coerente», incalza. «A volte uno accetta compromessi senza neanche rendersene conto. Anche affrontare lunghi tour è penoso; l’enorme percentuale del nostro “carbon footprint” (misura l’impatto che le attività umane hanno sull’ambiente in termini di biossido di carbonio prodotto) ci ha messo in allarme. Abbiamo fatto studiare a una società di Oxford il consumo energetico e l’emissione di carbonio che un tour può determinare e i risultati sono stati spaventosi. La cosa più inquinante è lo spostamento di pubblico, le diecimila persone che si muovono in auto per venire a un concerto. Come si può ovviare al problema? Ad esempio suonando solo in posti dotati di un efficiente sistema di trasporto pubblico evitando gli eventi che si tengono lontani da tutto e da tutti. Secondo, cerchi di volare il meno possibile, magari vai negli Usa con la Queen Mary anziché in aereo. Terzo, cerchi di convincere la compagnia di trasporti a spegnere i motori dei tir durante il tour, inducendola a usare un generatore che funziona a energia pulita...». Comunque il tour, pur se ridotto, ci sarà. Due le date italiane: a Milano il 17 e 18 giugno. L’anno scorso, quando tutti aspettavano il nuovo disco della band, Yorke se ne uscì con The Eraser, un album come solista. Un gesto che gli servì a riprendersi la sua vita, a recuperare la sua indipendenza artistica. Dice che è stata l’esperienza più noiosa della sua carriera. «Per un po’ non ci siamo visti e ti assicuro che è stato tutt’altro che facile rimettere in moto la macchina. Tutti eravamo rientrati nelle nostre vite, nel nostro mondo. Si trattava non solo di ritrovare il piacere di stare insieme, ma soprattutto di riuscire a produrre qualcosa di valido. In questo senso l’apporto di Nigel Godrich (il produttore della band) è stato essenziale: è stato lui a convincerci dell’onestà di quel che stavamo facendo. C’è una forte carica emotiva in questo disco che non saremmo riusciti a incanalare nel modo giusto senza Nigel». Un’onestà che il pubblico ha premiato. Tutti avrebbero potuto scaricare senza dare un centesimo, invece «il 50% dei downloaders ha pagato una media di sei euro, e questo è un risultato enorme per noi. A chi non ha pagato non ne vogliamo, perché anche loro hanno contribuito a diffondere la nostra musica. Meglio darla gratis alla gente che a quelli che la copiano ufficialmente e la mettono sul mercato riempiendosi le tasche alla faccia degli artisti. Lo sai quanto ci dava la Emi per ogni brano scaricato su iTunes? Zero. Era una voce che sul contratto non esisteva. Copiare la musica non è un fenomeno nuovo. All’epoca del vinile, misero sotto accusa le cassette.Lo slogan era “Copiare i dischi in casa uccide la musica”, eppure la musica non è morta». Merito anche della loro onestà artistica, che in quindici anni ha assunto proporzioni patologiche. «Nella storia dei Radiohead, ogni disco rappresenta un’impresa», conferma. «Per costruire e andare avanti, abbiamo ogni volta demolito tutto quello che avevamo fatto fino a quel momento. Il processo creativo è sempre stato penoso, tormentato, laborioso». Eppure, dopo Ok Computer, tanti illustri pareri hanno esaltato il falsetto di Yorke, battezzandolo come il più grande crooner del nuovo millennio. Paul McCartney, Beck, Amy Winehouse, Robert Wyatt sono tutti concordi, il futuro del rock deve fare i conti con i Radiohead. «Vorrei che fossero venuti in studio a dircelo, perché è lì che siamo sempre assaliti da mille dubbi, è lì dentro che perdiamo ogni certezza. La stima di Wyatt mi inorgoglisce, ma mi pone di fronte a nuove responsabilità. Il suo Comicopera è il disco migliore che ho ascoltato di recente. È esemplare, esattamente quel che cerchiamo di fare noi». Stringe di nuovo le palpebre, si rabbuia. «Sono uno che pensa troppo. Mi sono sempre chiesto in maniera ossessiva il motivo per cui i Radiohead continuano a esistere come band. La risposta l’ho trovata proprio nelle parole di Wyatt: “Amo alla follia la musica pop. Molti grandi compositori si ispirano al folk, io mi ispiro al pop. Non voglio dire che io sono un grande compositore né che il pop è una forma di folk. Ma di sicuro il pop ha generato un flusso senza fine. Puoi anche costruirti il tuo piccolo stagno, ma se lo stagno non è connesso al fiume, che a sua volta sfocia nell’oceano, prima o poi si asciugherà. Diventerà poco più di una pisciata. E io sono vissuto troppo a lungo per essere felice di una pozzanghera”».
Giuseppe Videtti
da http://xl.repubblica.it/dettaglio/62866

sabato 19 gennaio 2008

La Mitchell: «Noi pacifiste ci odiavamo

LONDRA—C’era un ragazzo che come me/ amava la Mitchell e Joan Baez,/ girava il mondo ma poi finì/ a far la guerra nel Kosovo... Si chiamava Bill Clinton. E ci cascò anche lui. Il giorno che si candidò alla presidenza degli Stati Uniti — capelli lunghi non portava più, anche se accanto a sé aveva sempre mille donne— gli chiesero della sua famiglia e poi una curiosità: come mai avesse battezzato sua figlia Chelsea con quello strano toponimo. «Io e Hillary avevamo in mente una canzone di Joni Mitchell», rispose il futuro capo della Casa Bianca. «Ah, Chelsea Morning!», intonarono in coro i giornalisti. Sì, canticchiò lui, proprio quella che fa: «Mi sono svegliata, era una mattina di Chelsea, e la prima cosa che ho trovato / era latte e pane tostato e miele e una ciotola d’arance...».
Il pane e le rose. Ci cascò anche Clinton. Ci sono cascati tutti. Per anni. Quelli che nei concerti si levavano le mutande e nei cannoni mettevano i fiori. Che dipingevano i furgoni di rosa. Che predicavano tanta peace e tantissimo love. Contrordine, figli dei fiori, vi eravate sbagliati: Joni Mitchell non era affatto la folk singer tutta latte e miele che saliva sul palco con l’ukulele. E le femministe pacifiste che cantavano di bastarsi da sole, dalla Joan Baez fidanzata di Bob Dylan alla Janis Joplin fidanzata un po’ di tutti, dietro le quinte erano iene da branco. Invidiose l’una dell’altra, come beghine da mercato. Pronte a tutto, come manager in carriera. Anche a spezzarsi le gambe. «Ci detestavamo », racconta oggi un’ingrigita, sessantaquattrenne Mitchell alla rivista specializzata Mojo: «Ho sempre notato che le donne della canzone non andavano d’accordo, e non so spiegarmene il motivo. Con gli uomini, non ho mai sofferto la stessa competizione ». L’ex cantante di strada, finita nelle antologie di letteratura e ancora imitata da generazioni di cantanti, da Sinead O’Connor a Janet Jackson, ormai preferisce dipingere e stare alla larga da «quel cesso » dell’industria discografica. Ma qualche scheggia di plettro le è rimasta, sotto l’unghia: «Era una rissa continua, fra noi donne. Avevo sempre scontri duri con Laura Nyro. E pure Joan Baez mi avrebbe spezzato le gambe, se avesse potuto ». Invidia, perlopiù: persino Janis Joplin, icona folk bruciata dalla droga, «nei miei confronti era sempre molto competitiva, molto insicura. Lei fu per un anno la regina del rock ’n’ roll. Poi la rivista Rolling Stone decise che la regina ero io. E da quel momento lei prese a odiarmi ». Fate l’amore, ma con rancore. Joni Mitchell che gliele canta a Joan Baez, con rispetto parlando, è Madre Teresa che sparla di Padre Pio. «Flak Music», musica da spari e bang bang, è il nomignolo che i giornalisti di Mojo danno a questa revisione 2008 della filosofia folk music. E gli ideali d’amore universale che Joni scriveva in «Woodstock» o nel «Big yellow taxi», la prima canzone ecologista della storia? E «We shall overcome», l’inno pacifista di Joan? «C’è un luogo comune—non si stupisce troppo l’Independent, quotidiano londinese—che dipinge questa cultura anni ’60-’70 come una forma musicale domestica, avvolta in morbidi maglioni, senza ambizioni: se il rock ha il fuoco nella pancia, il folk ha i muesli ».
Niente di più falso. Perché l’armonia delle canzoni finiva lì, e spariva nelle comuni: quando Bob Dylan si presentò inaspettato al Newport Folk Festival dei figli dei fiori, anno 1965, anche un padre storico del pacifismo folk come Peter Seeger, dovendo dividere la scena, prese un’ascia nel backstage e minacciò gli organizzatori di tagliare i cavi della corrente. C’entrava la gelosia professionale, certo. Ma forse anche qualche oppiaceo: «I folk singer possono sembrare gente mite — è il doppio senso del giornale —, ma è sempre meglio non sottovalutare il potere dei fiori».
Francesco Battistini
da www.corriere.it

mercoledì 16 gennaio 2008

Voci Per La Libertà - Una canzone per Amnesty

Con i primi giorni del 2008 prende definitivamente il via la XI edizione di "Voci per la Libertà - Una Canzone per Amnesty", il cui percorso è costellato come di consueto da innumerevoli tappe: l'apertura del Bando di Concorso, il Premio Amnesty Italia, la Compilation, il Tour, le giornate conclusive del festival che si svolgeranno dal 17 al 20 luglio a Villadose (Ro). L’appuntamento più vicino riguarda il Premio Amnesty Italia, prestigiosa iniziativa che coinvolgerà attivamente una giuria altamente specializzata e quanti vorranno sottoporci le loro candidature: dai brani che andranno a comporre la rosa delle nomination emergerà la canzone vincitrice.
Il 2007 è stato un anno intenso per Amnesty International, che si è battuta contro la tortura nei centri di detenzione temporanea, per il diritto delle donne di essere finalmente libere dalla violenza, a favore dei minorenni migranti per offrire loro dignità di persone. Anche la musica ha combattuto la sua lotta. Lo ha fatto contro il silenzio disumano e le chiacchiere assordanti, portando alla nostra attenzione esperienze, sensazioni, emozioni e sogni, in quel modo che riesce solo agli artisti: con poesia, eleganza, ironia o rabbia, racchiudendo nei pochi minuti di una canzone un intero mondo in grado di coinvolgerci.
Dateci una mano a scovare i candidati del Premio Amnesty Italia! Le canzoni che ci proporrete entreranno a far parte di una selezione finale di 10, e tra queste la giuria sceglierà la vincitrice. Abbiamo già iniziato a raccogliere le proposte: vi invitiamo a segnalarci le vostre all’indirizzo info@vociperlaliberta.it. Deve essere una canzone italiana uscita nel corso del 2007, di un artista noto, con un testo forte, incisivo, che punta dritto al cuore, capace di evidenziare l'importanza dei diritti umani. Terremo presenti tutte le segnalazioni che arriveranno entro il 31 gennaio 2008, scadenza dopo la quale i giurati decideranno a chi assegnare il Premio Amnesty Italia, già consegnato, nel corso delle precedenti edizioni a Daniele Silvestri ("Il mio nemico", 2003), Ivano Fossati ("Pane e coraggio", 2004), Modena City Ramblers ("Ebano", 2005), Paola Turci ("Rwanda", 2006) e Samuele Bersani ("Occhiali Rotti", 2007).
Della giuria specializzata faranno parte Giò Alaimo (il Gazzettino), Silvia Boschero (Radio Rai), Valerio Corzani (Radio Rai, Il Manifesto), Luca D´Alessandro (MusicBoom), Gabriele Guerra (Freequency), Ezio Guaitamacchi (Jam, Lifegate), Federico Guglielmi (Il Mucchio, Radio Rai Uno), Andrea Laffranchi (Corriere Della Sera), Michele Lionello (Voci Per La Libertà), Carlo Mandelli (Il Giorno), Riccardo Noury (Amnesty Italia), Diego "Alligatore" Pinamonte (Smemoranda.it), Paolo Pobbiati (Amnesty Italia), Giordano Sangiorgi (Mei), Mauro Santoriello (MTV), Gianni Santoro (XL), Stefano Starace (A rivista), Renzo Stefanel (Rockit), John Vignola (Vanity Fair, Radio Rai), Franco Zanetti (Rockol), Marco Cavalieri (Radio città aperta), Valeria Rusconi (Rolling Stone).
Per quanto concerne il concorso "Voci Per la Libertà - Una Canzone per Amnesty", dedicato agli emergenti, ricordiamo che il bando della manifestazione scadrà il 15 aprile 2007.
I primi 30 artisti che entro e non oltre il 29 febbraio 2008 si saranno iscritti al Premio Web saranno inseriti in una pagina a loro dedicata, nella quale sarà possibile conoscerli, vederli, ascoltarli e VOTARLI!!! Il brano dell’artista o del gruppo più votato dai visitatori del sito della manifestazione parteciperà di diritto alla fase finale del concorso.
Per tutte le informazioni dettagliate sul Premio Amnesty Italia e sul Premio Web visita il sito: www.vociperlaliberta.it
Con il supporto di:
Audiocoop - MEI Fest - Glitter & Soul - Audioglobe - Suono e Immagine - Europrint - Imaginaria

Media Partner
Demo Rai - Musicalnews - Freakout - Mescalina.it - Music Boom - Freequency - Jam - Rec Radio - Rockit - Mucchio - Radio Base - Ecoradio - Smemoranda - ViaVaiNet - Lifegate radio - Lifegate

INFORMAZIONI:
Ass Culturale Voci per la Libertà
www.vociperlaliberta.it
www.myspace.com/vociperlaliberta
E.mail info@vociperlaliberta.it
Tel/fax 0425.405562

DIREZIONE ARTISTICA: Michele Lionello
Mobile: +39.339.6322874 – E.mail: mic.lio@libero.it

UFFICIO STAMPA E PROMOZIONE: Glitter & Soul
www.glitterandsoul.com
www.myspace.com/glitterandsoul
E mail e Skype:
alessandro@glitterandsoul.com
elisa@glitterandsoul.com
Mobile:
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UFFICIO STAMPA AMNESTY INTERNATIONAL
Tel. 06/4490224 – +39.348.6974361
E.mail: press@amnesty.it

Lifegate Radio

Piantala con l’ascolto!

442.000 mq di foresta per 442.000 ascoltatori


Il numero degli ascoltatori di LifeGate Radio è cresciuto. Sono 30.000 i nuovi ascoltatori che nel bimestre di Novembre e Dicembre si sono uniti alla nostra community per un totale di 442.000 persone (rilevazione Audiradio 6 Bimestre 2007).
Cresce “l’ascolto”, cresce il rispetto per l'ambiente.
LifeGate Radio ringrazia e continua con l'iniziativa “Piantala con l'ascolto” e adotterà ulteriori 30.000 Mq di foresta in crescita, per un totale di 442.000 Mq di area protetta in Costa Rica.


LifeGate Radio Suona per Natura! Fermiamoci ad ascoltare

giovedì 10 gennaio 2008

Maglia nera ai Police:band più inquinante

L'accusa: migliaia di fan hanno attraversato il mondo e live troppo grandiosi. Bene Radiohead e Babyshambles
LONDRA - Sting, il buono. Pete Doherty, il cattivo. Semplificando un po', il gossip mondiale tende a dividere le star a seconda che siano esempi positivi o negativi. Ma come si sa a volte l'apparenza inganna. E ora è proprio il gruppo del sempreverde Sting, i neo riuniti Police, a beccarsi il nomignolo di band meno ecologista del pianeta nel 2007. Alla faccia dell'impegno ambientale «millantato» dal leader. I motivi sono spiegati dalla prestigiosa rivista musicale inglese Nme, che riporta uno studio realizzato dal sito Carbonfootprint.com: Sting e compagni hanno mosso con la loro tournée circa un milione e mezzo di fan, che hanno percorso migliaia di chilometri per raggiungere il centinaio di performance in quattro continenti, generando inquinamento a go-go. «Hanno suonato in posti enormi, senza pensare ai collegamenti pubblici che c'erano per raggiungere gli stadi - spiega John Buckley di Carbonfootprint.com -. A generare emissioni non è tanto lo show della band, quanto lo spostamento dei fan».
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STILE DI VITA - A finire sotto accusa dunque è il pubblico dei concerti, più che lo stile di vita di Sting & Co. E pensare che non è gente che ama la vita semplice. Il leader dei Police ha quattro case in Inghilterra, compresa una tenuta nel Wiltshire con 14 camere da letto e 8 bagni. A questa si aggiungono la casa al mare a Malibu, una cascina in Toscana e un «appartamentino» a New York. Senza contare le macchine. Uno stile di vita descritto così dall'ex cuoca di Sting: «Opulenza stravagante, senza il minimo riguardo a spese e sprechi». Al Live Earth del 2007 Sting aveva promesso che avrebbe diminuito il suo personale «impatto ecologico». Male anche gli inglesi Kasabian, accusati di aver fatto tutta la tournée - nove mesi - spostandosi in jet. Degni di lode invece i Radiohead e i Babyshambles del «cattivo» Doherty, risultati particolarmente sensibili alle tematiche ambientali. La band di Thom Yorke non solo ha spostato le attrezzature per i concerti in nave, ma ha «compensato» i costi (in termini ambientali) del tour piantando alberi. Il fidanzato di Kate Moss invece viene premiato per aver scelto sempre piccole strutture per i live e suonare frequentemente solo con l'impianto acustico, cioè senza amplificatori.
fonte www.corriere.it

lunedì 7 gennaio 2008

Radiohead....impatto zero

I Radiohead studiano come azzerare le emissioni del tour 2008pubblicato da viviana in: EcoConsigli Persone Pausa caffè
Buon natale e buon anno, cari ecolettori. Se siete fans dei Radiohead, come me, rallegratevi che la band inglese oltre a fare della musica fuori dal comune (e questo anche i non fan dovranno riconoscerlo!) pensa anche che il proprio lavoro causa impatti mica male sull’ambiente, ci ha pensato su, e con l’anno nuovo adotterà dei comportamenti per ridurre questo impatto.
La band, oltre a distribuire uno dei suoi due ultimi cd via internet invece che stampare su cd plastica e carta, ha lavorato insieme all’associazione Best Foot Forward per il calcolo e la riduzione dell’impronta ecologica dei propri tour. In particolare, ha studiato due tipologie diverse di tour fatti nel nord America (nel 2003 e 2006), uno fatto da grandi eventi in grande spazi fuori città, uno invece in piccoli luoghi nelle città e più sparsi sul territorio. Il rapporto è pubblico e lo trovate a questo link.
La parte più consistente delle emissioni prodotte da un tour deriva dai viaggi che fanno i fans per raggiungere il concerto. Siamo parlando del 97% per la prima tipologia di tour (grandi spazi fuori città), e del 86% per la seconda (teatri e palazzetti in città). L’influenza del concerto in sé e dei viaggi della band come si vede è molto minore.
fonte www.ecoblog.it