lunedì 15 dicembre 2008

Come dio comanda

L'ultima fatica di Salvatores,Come dio comanda,l'ho visto ieri,e mi è piaciuto!
Esageratamente triste,cupo ed estremo,Salvatores ritorna con la consueta bravura che lo contraddistingue!!
Così Mereghetti sul Corsera.

Il tema delle «colpe» dei padri e dei «rimpianti» dei figli è presente da sempre nell'opera di Gabriele Salvatores, a volte solo in negativo (come nella trilogia generazionale degli inizi) a volte come una delle possibili sottotrame (come in Sud). Da un po' di film a questa parte, invece, quel tema ha preso sempre più spazio, fino a diventare una delle linee di forza dell'ispirazione: importante in Amnèsia e Quo vadis baby?, centrale in Io non ho paura, totalizzante in Come dio comanda, in uscita oggi.
Una scena del film: a sinistra Elio Germano a destra Filippo TimiIspirato a un romanzo fluviale di Niccolò Ammaniti, il film ne espunge molti personaggi e avvenimenti per concentrarsi sul tormentato rapporto di Rino Zena (Filippo Timi) col figlio vero Cristiano (Alvaro Caleca, al suo esordio) e quello «adottivo» Quattro Formaggi (Elio Germano). Il primo è un adolescente cupo e ombroso, succube verso il genitore di cui ha assorbito il vitalismo apocalittico e oltranzista; il secondo è un ex compagno di lavoro di Rino, menomato da un incidente sul lavoro che l'ha fatto regredire a uno stato para-infantile. Il terzetto vive in un paese montano senza nome del Nord-Est italiano, ognuno rabbiosamente alle prese con i problemi quotidiani: Rino alla ricerca di un lavoro che non trova e che vede sparire ogni giorno di più per la concorrenza di «negri e slavi»; Cristiano nel tentativo di mascherare la sua vera anima e le sue vere idee di fronte a insegnanti e compagni da cui si sente distantissimo; e Quattro Formaggi all'inseguimento di un suo mondo di fantasie e desideri che carica di troppe aspettative. Salvatores, che ha scritto la sceneggiatura con Niccolò Ammaniti e Antonio Manzini, salta di getto qualsiasi tipo di mediazione sia sociologica che psicologica.
Non sappiamo niente del passato di Rino e Cristiano né della «fine» della madre, così come Quattro Formaggi ci viene presentato senza altri legami familiari che non quelli dei due Zena. E fin dall'episodio del Suv e della motoretta che ne impedisce il parcheggio, i rapporti sociali tra le persone sembrano essere costruiti solo sulla sopraffazione e la violenza. Un mondo senza anima e un'umanità senza passato, dove (un po' troppo simbolicamente) chi è strambo raccoglie oggetti nelle discariche e chi teorizza il razzismo e dipinge gigantesche svastiche sui muri di casa non può che divertirsi a sparare tra le cave di ghiaia. C'è come un sovraccarico di disvalori, un incupimento eccessivo del quadro che può trovare una giustificazione in certi fatti di cronaca ma che nella logica del racconto cinematografico finisce per sembrare eccessivo, fin troppo sgradevole, volutamente esasperato, così da togliere (e non si capisce perché) ogni possibilità di immedesimazione con qualcuno dei protagonisti. In questo modo, l'inevitabile dramma che scoppia in una notte troppo piena di metafore (lampi, pioggia, fango, sentieri solitari) rischia di non appassionare e di essere vista come l'epilogo «inevitabile» di fronte ai comportamenti di tre emarginati «destinati» alla tragedia.
Nel film ogni personaggio si comporta come da manuale: Quattro Formaggi confonde tragicamente una ragazza (Angelica Leo) con l'oggetto delle sue fantasie erotiche, Rino mescola ancora una volta rabbia e paternalismo (vuole aiutare l'amico ma finisce per restare, involontariamente, coinvolto) e il piccolo Cristiano si sforza come sempre di conciliare senso del dovere e senso di obbedienza, bisogno d'affetto e paura reverenziale. Ma al di là dell'indubitabile abilità tecnica che permette a Salvatores (e al direttore della fotografia Italo Petriccione e al montatore Massimo Fiocchi) di costruire una scena lunga quasi mezz'ora tra il buio delle notte e il fango di un temporale senza che lo spettatore ne provi stanchezza, tutto sembra troppo «significativo» (e un po' prevedibile) per emozionare davvero.
Proprio come la parentesi «erotica» (l'avventura notturna del padre con una occasionale conquista) o quella «sociologica» (il rabbioso discorso del padre al funerale della figlia), troppo programmaticamente cariche di significato perché lo spettatore in qualche modo non se le aspetti e non le metabolizzi velocemente. E questo nonostante l'impegno di tutto il cast, convincente soprattutto quando non sottolinea eccessivamente la solitudine e il dolore che affligge ogni personaggio. Così la scelta di adeguare completamente stile e narrazione a un codice realistico (senza per esempio gli squarci favolistico-ecologici che spezzavano la tensione di Io non ho paura) finisce per schiacciare tutto — la storia di un delitto di provincia, il ritratto di tre personaggi senza speranza, il quadro di una società egoistica e violenta — sotto una cappa di disperazione e di sociologia dove tutto sembra preda di un «male» metafisico e indistinguibile, troppo apocalittico quando accenna a un mondo ostile e vendicativo o superficialmente assolutorio quando invece si chiude solo sul rapporto tra padre e figlio.

venerdì 12 dicembre 2008

Scaricare da Internet è Ecologico

da www.thepolloweb.blogspot.com

Golf e ville, addio dune a Is Arenas L'Europa accusa: scempio ecologico

«Sic» vuol dire «sito di importanza comunitaria»: cioè un luogo di tale bellezza e fragilità ambientale, che un bel giorno l'Unione Europea l'ha dichiarato patrimonio di tutti i suoi cittadini. Sta a loro, ai governi dei 27 paesi, e naturalmente alle amministrazioni locali, proteggere quel tesoro. Vi sono tanti «Sic» in Europa, e uno è per esempio la zona di Is Arenas («Le sabbie» in sardo), sulla costa occidentale della Sardegna: dune alte (un tempo) anche 50 metri, una spiaggia di 6 chilometri, una foresta piena di animali e di piante rare, un cielo solcato dai fenicotteri rosa, sabbie dove a volte depone le sue uova la tartaruga, la macchia mediterranea in parte vergine, o quasi. Insomma un'oasi, un paradiso indescrivibile. E l'Italia ha saputo proteggerlo così bene, che la Commissione Europea ha ora portato il nostro Paese in tribunale, cioè davanti alla Corte di giustizia del Lussemburgo.
L'accusa: «Violazione della direttiva europea 92/43/Cee relativa alla conservazione degli habitat della flora e fauna selvatiche». Nell'area di quel sito, è infatti «in corso di completamento un insediamento turistico comprendente anche un campo da golf la cui realizzazione ha compromesso le caratteristiche ecologiche della zona». I depliant parlano di «intervento eco-turistico», ma la Ue non sembra credere troppo a quel prefisso, «eco». E del resto la storia è vecchia: fra ricorsi e cause dura da quasi 40 anni, da quando cioè iniziò l'assedio edilizio a Is Arenas, che si trova nel territorio comunale di Narbolia. In uno dei tanti appelli, firmati fra gli altri anche dallo scrittore Stefano Benni e dall'attore David Riondino, si legge che «le coste e la pineta dei comuni di Narbolia e S. Vero Milis, costituiscono ancora uno dei lembi intatti di Sardegna... cementificare anche questa parte non porterebbe alcun concreto beneficio ai sardi e alla stessa immagine turistica della Sardegna all'estero». Qualcuno la pensava diversamente. Il progetto iniziale sta tutto in una cifra: 224mila metri cubi di cemento. Su questo, si discute da decenni. La Regione Sardegna ha segnalato l'area alla Ue, chiedendone l'intervento. Tutto inutile, lo scempio è andato avanti.
E ora l'oasi rischia di morire. La Commissione Europea ritiene che «le autorità competenti non abbiano adottato, prima dell'inclusione del-l'area nei Sic, misure idonee a salvaguardare l'interesse ecologico ». E dopo «l'inclusione dell'area nei Sic»? Non sono state prese «misure per evitare il degrado degli habitat naturali e degli habitat di specie nonché la perturbazione delle specie per cui il detto Sic è stato disegnato». Tradotto dal linguaggio burocratico: in California o in Camargue, un posto così sarebbe da 50 anni parco nazionale, e forse nessuno avrebbe mai pensato a cementificare i fenicotteri.

giovedì 11 dicembre 2008

FuturFestival


Nasce FuturFestival, l’evento di musica contemporanea e arti visive per festeggiare il Capodanno 2009.
Per la prima volta eccezionalmente insieme i SubsOnica, i Motel Connection, Boosta, Mauro Picotto e Josh Wink il 31 dicembre prossimo si esibiranno sul palco dell’Oval Lingotto, straordinaria location già protagonista durante le Olimpiadi Invernali di Torino 2006.
Durante la serata verrà organizzata sulla terrazza-privé, in collaborazione con Souait Entertainment, una Cena di Gala alla quale poter assistere allo spettacolo in modo unico ed esclusivo.
(per info: oval@souait.com Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo. tel. +39.011.06.08.216)
Alla sua prima edizione FuturFestival vuole offrire ai giovani di tutta Italia la possibilità di festeggiare l’arrivo del 2009 e celebrare la recente vittoria di Torino come “Capitale Europea dei giovani” nel 2010.

Joe Henry

Lui è Joe Henry,ed è il cognato di Madonna per intenderci,ma la cosa più interessante,e che è un grandissimo cantautore americano.

Lo vidi alla Salumeria della Musica di Milano qualche anno fa,e quello che mi impressionò di questo cantante(si accompagna alla chitarra e al piano)era la sua geniale pacatezza,l'eleganza da gentiluomo yankee(non se ne vedono tanti in realtà!).

La voce è il suo vantaggio più grande,e mescola un pop/rock d'autore, intimista e sbarazzino,ad un rock più easy,molto american style,a cavallo fra country e blues.

Il video è tratto da una pellicola di "The Killers", di Andrei Tarkovsky,la musica ovviamente di Joe Henry!


venerdì 5 dicembre 2008

Saro Cosentino

Grazie a Facebook,sono diventato fan di una bravissima "meteora" musicale,Saro Cosentino....ricordate?
Cresciuto nell'entourage di Franco Battiato,Cosentino muove i primi passi nella musica elettronica fine anni'70,e come apprezzato cantante(qui in un video, tratto dal mitico programma musicale Doc).
Non è per niente prolifico nella produzione di album propri,ma è un ottimo ingegnere del suono e produttore musicale!
Sulla sua pagina di myspace,tre sue tracce molto ambient/sperimental.......
Ritrovato!

martedì 2 dicembre 2008

Django Reinhardt

In Accordi e Disaccordi,Woody Allen rispolverò il mito,facendo interpretare ad un grandissimo Sean Penn,Emmet Ray,immaginario chitarrista jazz anni'30,secondo solo al grande Django.
Django Reinhardt era il più grande chitarrista jazz a cavallo fra gli anni'30,'40,un mito vivente di origini Sinti,ma di nazionalità belga.
Straordinario, virtuoso è maledettamente sognatore,qui in Minor Swing, il suo pezzo più famoso!