giovedì 19 febbraio 2009

I Portishead ai fan: "come dovremmo vendere la musica?"

Ecco qualche frammento di un messaggio pubblicato ieri da Geoff Barrow dei Portishead sul MySpace della band inglese:"Abbiamo trascorso la giornata a discutere sul futuro dei Portishead, adesso che siamo liberi. Liberi da contratti, liberi da impegni... per ora! Per come vanno oggi le cose nel mondo, ci sono un sacco di opzioni disponibili... ma se avete qualche suggerimento su come dovremmo vendere la nostra in musica in futuro, fatecelo sapere.Onestamente, non penso che la regaleremo... ci vogliono secoli per scriverla, e poi dobbiamo pur riscaldare le nostre piscine private!"Anche i Portishead, dunque, stanno scivolando fuori dai modelli tradizionali di business discografico. Niente etichetta ("per ora!"), niente contratti e un futuro da decidere. Perchè non chiedere un consiglio anche ai fan? La mossa è tutt'altro che malvagia. In poche ore sono arrivate già più di cento risposte, con suggerimenti, consigli, inviti, preghiere, preferenze. Il dialogo diretto è utile per un effettivo brainstorming, ma anche dal punto di vista dell'immagine. Gli esempi più gettonati nelle risposte sono quelli dei Radiohead e dei Nine Inch Nails, cioè le prime rockband di un certo livello mediatico che hanno intrapreso una strada indipendente e fortemente legata a modelli alternativi di produzione e distribuzione musicale. Ma le opinioni sono davvero molto varie. C'è chi suggerisce alla band di vendere i prossimi album in chiavette USB a basso prezzo e chi invece li implora di non conventirsi al digitale e non abbandonare i vinili. C'è chi li invita a suonare più concerti e chi a concedere in licenza brani per suonerie o videogiochi ("sta per uscire la versione per dj di Guitar Hero e Rock Band, non perdete l'occasione!"). E c'è chi, salomonicamente, conclude: "fate quello che volete, ma vi prego, non impiegate altri dodici anni per realizzare un nuovo album!".In tre pagine di risposte, a volte brevissime a volte articolate, c'è una buona polaroid - necessariamente confusa e caleidoscopica - del cambiamento in corso nell'industria musicale, come viene visto dalla base, dai fan, dagli ascoltatori.Io rientro nella categoria di chi vedrebbe bene per un eventuale prossimo album dei Portishead un modello distributivo simile a quello adottato da Trent Reznor dei Nine Inch Nails per Ghosts I-IV. Un ventaglio di offerte che va dall'album in MP3 a bassissimo prezzo (5 dollari), al cd normale (10 dollari), al cofanetto con dvd, fino al box deluxe con vinile, illustrazioni e quant'altro a 300 dollari. Anche i Portishead hanno uno zoccolo duro di fan: di certo troverebbero duemilacinquecento (forse anche di più) collezionisti disposti ad acquistare un'edizione a limitata a 300 dollari. In quel modo potrebbero pagarsi le spese di registrazione e persino mantenere un bel tepore all'acqua delle piscine. Permettendo agli altri ascoltatori, alla massa, di acquistare i dischi a bassissimo prezzo (magari lasciando anche la condivisione online libera, attraverso le licenze Creative Commons, come ha fatto Reznor). Un tour mondiale da 25/30 date farebbe il resto. I Portishead non dovrebbero però limitarsi a copiare lo schema di Reznor: dovrebbero adattarlo alla loro storia, alla loro musica, alla natura del progetto che vogliono distribuire.Il sistema discografico basato sui cd aveva creato un modello in cui il guadagno derivava dalla massa, dalla folla, dall'alta quantità di copie vendute di un unico prodotto a prezzo moderatamente basso. Oggi che il prezzo di quel prodotto su Internet è sceso a zero (gli MP3), forse conviene puntare davvero su un percorso opposto: guadagnare dalla qualità, dai prodotti esclusivi, differenziati, anche a prezzo più elevato. Soprattutto per artisti, come i Portishead, che hanno la fortuna e il merito di poter contare su un pubblico affezionato, disposto anche a mettere mano alla carta di credito per assicurarsi un prodotto di valore (una giovane band sconosciuta di certo non potrebbe neanche sognarsi di vendere un box di vinili a 300 dollari).Voi cosa ne pensate? Cosa rispondereste a Geoff Barrow?
da www.lastampa.it

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